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Intesa al summit di Davos:

"No al protezionismo"

2009-02-01

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Dalessandro Giacomo

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2009-02-01

Intesa al summit di Davos:

"No al protezionismo"

"Il rischio? Provocare una gara a chi dà più soldi alle proprie banche e alle proprie industrie"

Il Primo Ministro inglese Gordon Brown con il suo omologo giapponese (Reuters)

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

DAVOS (SVIZZERA)— Il primo ministro britannico ha ieri messo i piedi nel piatto delle risposte che i Paesi stanno dando alla crisi economica. "C'è un protezionismo implicito in quello che sta succedendo ", ha detto Gordon Brown. Non solo negli aiuti di Stato alle industrie in difficoltà. "C'è anche un protezionismo finanziario - ha spiegato - Con le banche che una volta si espandevano globalmente e ora tornano a casa". Brown parlava davanti a un migliaio di politici, banchieri, industriali, manager, economisti, responsabili di organizzazioni non governative riuniti al World Economic Forum di Davos, sulle Alpi svizzere. Lo intervistava Christiane Amanpour, la giornalista della rete tv americana Cnn. Il primo ministro ha voluto lanciare un messaggio positivo, di fiducia. Ma non ha potuto evitare di lanciare l'allarme per quello che è il rischio forse maggiore, dal punto di vista economico e politico, sollevato dalle risposte nazionali alla crisi. I pacchetti di salvataggio delle banche, i piani di stimolo alle economie, le garanzie fornite alle imprese sono sviluppi inevitabili, di fronte al crollo del sistema finanziario e alla recessione globale. Ma sono misure nazionali e quindi hanno il rischio intrinseco di provocare una gara a chi darà più soldi alle sue banche e alle sue industrie. Una corsa che, se finisse fuori controllo, sarebbe disastrosa.

PREOCCUPAZIONE CONDIVISA - La preoccupazione è ormai condivisa da tutti i leader. Tanto che, sempre ieri a Davos, una riunione voluta dal segretario dell'Organizzazione mondiale del Commercio Pascal Lamy ha lanciato un appello a firmare in fretta il Doha Round, i negoziati per la liberalizzazione dei commerci mondiali. La novità è che questa è stata presentata come una misura anti-crisi, che aiuta l'economia e, soprattutto, è un antidoto al nazionalismo. Brown si è concentrato sui rischi nel campo della finanza. E ha ricordato le conseguenze che stanno avendo i passi indietro fatti dalle banche in termini di globalizzazione, di "ritorno a casa" perché non sono più in grado di operare su scala mondiale. "Due anni fa - ha detto - il credito ai Paesi emergenti era di mille miliardi di dollari. Quest'anno è previsto che crolli drammaticamente a 150 miliardi". Il problema, dunque, va affrontato collettivamente, per evitare che l'economia e la finanza si ritirino nei confini nazionali e l'economia globale si blocchi. Si può fare, ha detto: "Qui a Davos abbiamo visto che i leader del mondo sono pronti a prendere decisioni per fare passi avanti". Da Angela Merkel a Wen Jiabao, da Putin ai leader dei Paesi emergenti "tutti sono d'accordo di assegnare alla riunione del G20 del 2 aprile a Londra un'importanza altissima per ricreare fiducia nel sistema finanziario ".

"NUOVA BRETTON WOODS" - L'idea di Brown, ma anche degli altri leader, è di mettere al tavolo le 20 maggiori economie del pianeta e uscire con progetti concreti su come affrontare in modo coordinato l'emergenza e su come impostare un nuovo sistema di regole e di governo dell'economia del mondo. Brown la chiama "nuova Bretton Woods", la cencelliera tedesca Angela Merkel la chiama "nuovo ordine economico mondiale" ma l'idea è la stessa: norme e istituzioni per una globalizzazione condivisa, non più dominata dagli Stati Uniti e coordinata, non nazionalista.

Danilo Taino

01 febbraio 2009

 

 

 

 

 

 

Draghi: "Supervisione più forte"

"Ma ci sono prodotti sicuri"

Profumo: "Le banche devono vendere il giusto rischio ai clienti"

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World Economic Forum: sito ufficiale

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

DAVOS (Svizzera)—"L'unica cosa che possiamo fare per aiutare il mercato a ripartire è quella di dire al mondo che ci sono alcuni tipi di prodotti finanziari reali che sono facili da capire, semplici da prezzare e che soddisfano determinate condizioni legali". E' un messaggio di fiducia rivolto agli investitori quello lanciato ieri dal governatore di Bankitalia Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum, appena uscito da un incontro su come "Ripensare la governance finanziaria globale" cui sono intervenuti il ministro delle Finanze francese Christine Lagarde, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, il premier britannico Gordon Brown e il vicedirettore generale dell'Fmi John Lipsky.

E mentre Draghi ribadiva che in circolazione non ci sono solo titoli "tossici", nelle stesse sale del World Economic Forum l'amministratore delegato di Unicredito, Alessandro Profumo, esprimeva il suo favore verso una supervisione limitata al mercato europeo. "In Europa dobbiamo fare un passo in avanti e maggiori sforzi per integrare le attività di sorveglianza del sistema bancario—spiega —. Ma questo compito non deve essere di ogni singolo Paese, bensì su scala europea. Muoversi in un ambito più ampio, come quello globale, credo invece che sia pressoché impossibile, perché non esistono contribuenti globali ".

Profumo, in linea con il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, lancia anche un allarme riguardo le ipotesi di un aumento degli standard patrimoniali per la concessione di crediti: "La richiesta di maggiori garanzie potrebbe aggravare le stretta di liquidità di cui il mercato soffre oggi". Per il governatore Draghi, il Forum di Davos si è tradotto in due giorni di intensi colloqui con i leader della politica, dell' economia e delle istituzioni multilaterali per mettere a punto le nuove regole di sorveglianza del sistema finanziario internazionale da presentare al summit del G20 il prossimo aprile. "Alla fine — ha sintetizzato prima di tornare a Roma — quello che vogliamo è un'industria finanziaria e un settore bancario dove ci sia più capitale, meno debito, più regole e una supervisione più forte".

Ma nessuno, ovviamente, sembra disposto ad appoggiare le suggestioni di un intervento pubblico, o addirittura di nazionalizzazioni, che sono circolate anche a Davos. L'amministratore delegato di Unicredito ne prende nettamente le distanze: "Se le banche fossero nazionalizzate e diventassero delle public utilities si distruggerebbe molto del loro valore nella società ". Profumo sottolinea semmai come il compito di un istituto commerciale sia proprio quello di fare attività "di banca commerciale ", separando le "attività rischiose come quelle di property trade", da cui, aggiunge "Unicredito sta totalmente uscendo". Per questo, Profumo preferisce paragonare la banca all'industria farmaceutica: "Noi vendiamo del rischio e l'importante è vendere il giusto rischio al giusto cliente — spiega il banchiere italiano —. Siamo proprio come industrie farmaceutiche, solo che per noi non c'è il dottore che scrive la ricetta per le medicine, siamo noi stessi a svolgere questo ruolo".

Giancarlo Radice

01 febbraio 2009

 

 

 

 

er fermare la crisi la Merkel

vuole un'Onu dell'economia

Piano in cinque punti per un nuovo ordine mondiale. "Nella Costituzione l'obbligo di pareggio del bilancio"

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World Economic Forum: sito ufficiale

Il premier tedesco Angela Merkel durante il suo intervento a Davos (Epa)

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI DAVOS (Svizzera) — Idee forti da Angela Merkel, ieri, a Davos. E potenti della terra in piedi ad applaudirla. In un discorso durato meno di venti minuti, la cancelliera tedesca ha proposto al mondo una Carta per un nuovo ordine internazionale (contenuti compresi), un Consiglio di Sicurezza Economico da istituire presso l'Onu, ha prospettato il modello sociale di mercato tedesco come punto di riferimento globale e ha indicato la via tedesca per uscire dalla crisi come la migliore e più efficiente. La leader che per settimane è stata attaccata perché troppo timida nella risposta alla recessione è stata salutata dal World Economic Forum come unica leader capace di guidare l'Europa fuori dalla recessione. Sul breve periodo, Frau Merkel ha spiegato che il pacchetto di stimolo varato dal governo di Berlino, 80 miliardi tra 2009 e 2010, è "senza precedenti" perché senza precedenti sono i tempi. Ha però detto che il mondo deve evitare di "ripetere questo schema" di indebitamento all'infinito. Quindi, assieme alle misure anti-crisi il governo di Berlino vuole un meccanismo di rientro certo dal debito una volta che l'economia sarà in ripresa e introdurrà l'obbligo di pareggiare i conti pubblici nella Costituzione. "E' importante — ha aggiunto — che anche a livello internazionale non si pensi di potere vivere a lungo sopra le proprie possibilità ". In effetti, il piano di stimolo e di rientro dal debito tedesco sta per certi versi diventando lo standard anche per altri Paesi: il presidente della Commissione europea José Barroso ne è per esempio diventato un sostenitore.

G20 AL POSTO DEL G8 - Sul medio-lungo periodo, la signora Merkel ha poi detto che la formula del G20 al posto del G8 è positiva. Al prossimo incontro del Gruppo delle 20 maggiori economie, a Londra a inizio aprile, proporrà di iniziare a scrivere una Carta che detti le regole di un nuovo ordine economico mondiale. Su cinque linee di fondo. Primo, ribadire l'impegno al libero mercato, strumento di crescita. Secondo, affermare i modi per prevenire gli eccessi sui mercati. A questo proposito, ha spiegato, "l'economia sociale di mercato (tedesca, ndr) ha funzionato bene: lo Stato è guardiano dell'economia, la concorrenza va bene ma deve essere disciplinata". A questo scopo, servono "regole chiaramente definite" e un trasferimento di responsabilità e di poteri dagli Stati nazionali a organismi internazionali per quanto riguarda i mercati finanziari: misura che (questo la cancelliera non l'ha detto) limiterebbe il potere unico di cui gli Stati Uniti e il dollari hanno goduto nei decenni scorsi. Terzo, serve un coordinamento economico internazionale. "Noi - ha affermato - siamo sospettosi sui sussidi al settore auto in America. Se portati avanti troppo a lungo, distorcono la concorrenza e, diciamolo chiaramente, diventano una forma di protezionismo ". Contro i rischi di protezionismo che crescono nel mondo ieri, sempre a Davos, si è espresso decisamente anche il primo ministro britannico Gordon Brown. La questione coordinamento diventa così decisiva per evitare politiche nazionaliste. Quarto, favorire l'uso di risorse sostenibili e promuovere la protezione del clima. Quinto punto della Carta, combattere la povertà non solo come dovere ma come necessità dell' economia globale. L'anno prossimo, la cancelliera riunirà i vertici di Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, Organizzazione internazionale del Lavoro e altri organismi per cercare assieme a essi un nuovo approccio ai problemi del pianeta, anch'esso da inserire nella Carta per un nuovo ordine economico mondiale. "Perché questo deve avere anche le sue istituzioni", ha aggiunto. Al proposito, sarebbe utile pensare a "un Consiglio Economico delle Nazioni Unite che abbia la funzione che ha avuto il Consiglio di Sicurezza in altri campi". Frau Merkel ha ricordato di essere cresciuta nella Germania Est e che ora è la cancelliera della Germania unita. "Niente è impossibile", ha quindi concluso. Scesa dal podio, se n'è andata subito. Mentre, tra gli applausi, il Forum faceva considerazioni sulla leadership in Europa.

Danilo Taino

31 gennaio 2009

 

 

 

 

Tremonti: le nostre banche sono solide

"Con la crisi in Italia soffriamo, ma abbiamo molte imprese e un sistema bancario che sembra solido"

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World Economic Forum: sito ufficiale

Giulio Tremonti (Reuters)

DAVOS ( SVIZZERA) - "Il piano italiano di sostegno all'economia conta complessivamente 40 miliardi di euro, che sono "oggettivamente veri, già in bilancio" ed è equivalente a quello tedesco da 80 miliardi, il cui "importo reale è molto inferiore a quello nominale". Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al summit di Davos, lancia messaggi tranquillizzanti sia sulla tenuta del sistema bancario italiano sia sui "mezzi di salvataggio" previsti dal governo in caso si manifestino singole situazioni critiche. "Se si sommano" i vari interventi previsti "si arriva complessivamente a 40 miliardi, cifra compatibile con la situazione e il debito italiano" dice Tremonti.

REGOLE- Il punto cruciale è lo snodo tra crisi finanziaria e economia. Ovvero, quanto la prima sta incidendo sull'economia reale: "Con la crisi in Italia soffriamo, ma abbiamo molte imprese e 4 milioni di partite Iva". Per Tremonti non sono gli interventi sull'economia reale che possono risolvere il problema della crisi "ma possono essere utili per la coesione sociale e per la struttura industriale" mentre "se il male è al cuore è il cuore che va operato e, poiché la crisi è nata dalla finanza, è in quel settore che vanno trovate soluzioni, non nell'economia reale". Soluzioni che, secondo, il ministro, dipendono da regole molto stringenti che non erano certo apprezzate fino a pochi mesi fa, quando la crisi dei mutui non era ancora esplosa. "Ciò che è necessario al nostro sistema - dice - è più regolamentazione per uscirei da questa anarchia finanziaria. Servono più regole, non più capitali". Il ministro dell'Economia ha sottolineato come la messa a punto di una nuova regolamentazione che passi attraverso un "legal standard" - cioè un quadro di regole condiviso per l'intero settore finanziario e capitalistico - sarà uno dei punti del programma della presidenza del G8 dell'Italia. "Se vogliamo trovare una via d'uscita dalla crisi - ha aggiunto il ministro - la soluzione non è più capitale ma più regolamentazione. Più regole e più coordinamento".

RIFORME - A margine del suo intervento, Tremonti affronta anche altri due aspetti della situazione italiana: le riforme strutturali e il debito pubblico. "Sappiamo di avere bisogno di riforme strutturali - dice Tremonti - il welfare e le pensioni sono da riformare. E' vero che le riforme strutturali sono importanti ma non sono l'unico fattore di crescita. Ho anche messo in risalto nel mio intervento- aggiunge - che molte crescite sono state fatte da domande eccessive basate sul debito privato ad esempio nel settore immobiliare". Secondo Tremonti "il debito privato è più pericoloso di quello pubblico". Il debito pubblico dell'Italia, spiega, "è importante, stiamo cercando di comprimerlo ma se si vuole uscire dalla crisi bisogna consolidare sia il debito pubblico che quello privato". Secondo Tremonti, nel valutare l’affidabilità di un sistema paese, ad esempio per assegnargli un rating, oltre a guardare al suo debito pubblico bisognerebbe quindi anche esaminare il livello di indebitamento dei privati.

29 gennaio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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